Il Milan non è più squadra e la colpa è…del portiere: l’alibi Tatarusanu e la miopia dei compagni
2 punti nelle ultime 5 partite di campionato, meglio soltanto di Cremonese e Sampdoria.
6 gol fatti e ben 14 subiti negli ultimi 450′ di Serie A, con la difesa più perforata insieme alla Salernitana.
2 sconfitte cocenti nelle coppe contro il Torino (in superiorità numerica) in Coppa Italia e contro l’Inter in Supercoppa Italiana.
Il Milan formato 2023 è un colabrodo: la colpa? Ma che domanda, è tutta colpa del portiere, solo e soltanto di quel tizio in maglia gialla che, sulla carta, dovrebbe evitare di subire gol a raffica, provando a parare qualche palla. Almeno questo è ciò che sembrano pensare – ormai da numerose settimane – i calciatori rossoneri, i compagni di Tatarusanu.
Già prima del crollo verticale dei Milan, quando le costanti urla di Tomori – non certo impeccabile nelle sue recenti prestazioni – facevano da colonna sonora a tutti, ma proprio tutti, gli interventi – maldestri e non – dell’estremo difensore del Milan.
Poi ci si è messo Kjaer a fare da controcanto: pur giocando da fermo, con una condizione fisica che definire precaria è fargli un regalo, è riuscito a trovare costantemente il tempismo, almeno in questo, per alzare la voce con il rumeno.
Il punto più alto di questo tiro al bersaglio lo si è raggiunto nei minuti finali del derby contro l’Inter: 6 giocatori in maglia rossonera sono stati in grado di catechizzare, in una perfetta sincronia che nelle trame di gioco non si vede da settimane, colui che – a loro detta – avendo mancato l’ennesimo intervento, doveva essere redarguito nuovamente davanti ad 80 mila spettatori.

Di certo, Tatarusanu, con la sua limitata mobilità tra i pali, non si configura tra i portieri più impeccabili a livello europeo, ma da un mese a questa parte essere unicamente messo alla gogna e considerato dall’intera squadra come il – con la i maiuscola – capro espiatorio è quanto di più sbagliato si possa fare.
Solo attraverso un vero e sentito mea culpa comune, e non allargando le braccia in senso di rassegnazione verso un compagno in difficoltà tanto quanto ogni singolo giocatore, le cose al Milan si potrebbero aggiustare.
Ma quanto è comodo per i “veri” protagonisti dello Scudetto dare tutta la colpa a Tatarusanu? Tanto. Quanto è utile? Pochissimo. Lo scorso anno il Milan si è cucito al petto un tricolore miracoloso, con una roster che valeva e che tutt’ora, sulla carta, vale il 5°/6° posto.
Lo ha fatto grazie allo spirito di squadra, all’umiltà, ad una visione di intenti comune tra staff, giocatori e dirigenza. Vincere non ha significato essere i più forti, ma i più bravi ad interpretare tutte le sfumature di uno sport di squadra complicato e stupendo come il calcio.
Ora che la condizione fisica è precaria, le idee di gioco latitano e la testa è fra le nuvole, servirebbe proprio quello spirito di gruppo, pregno di umiltà e sacrificio, che non più di 3 mesi ha consentito di far fare cose straordinarie al Diavolo. E invece, oggi, prevale l’egoismo, l’indolenza, la mediocrità e la sufficienza. La stessa con la quale è facile puntare il dito contro Tatarusanu, l’incolpevole colpevole delle disgrazie del Milan.